Diamanti: Investimento a Prezzi “Gonfiati” Rispetto al Listino di Mercato
È ormai risaputo che molti soggetti, soprattutto persone anziane, siano state consigliate anche col supporto dalle rispettive Banche ad investire i propri risparmi acquistando diamanti.
Gli investimenti sembrerebbero essere stati suggeriti anche dalle stesse Banche che indirizzavano l’acquisto attraverso società professioniste del settore.
Un mercato di vendita di quelli che venivano chiamati “diamanti da investimento” nel quale operava la Intermarket Diamond Business (ora in fallimento) che vendeva attraverso UniCredit, Banco BPM e altri istituti e la Diamond Private Investment la quale operava attraverso vari istituti tra cui la Banca Intesa Sanpaolo.
Dalle indagini eseguite dalle Autorità preposte, è emerso che la vendita avveniva presso gli Istituti Bancari i quali presentavano il relativo materiale pubblicitario promuovendolo ai propri clienti-correntisti esponendo in maniera “parziale, ingannevole e fuorviante” un asserito rendimento annuo pari al 3% o 4% sul capitale necessario per l’acquisto.
Le quotazioni dei diamanti, peraltro, venivano presentate dalla stampa su un rinomato giornale omettendo di evidenziare che dette quotazioni non erano altro che un listino prezzi della società venditrice, listino particolarmente “gonfiato” rispetto al costo di acquisto della pietra e ai benchmark internazionali di riferimento.
Ebbene, l’Agcom (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha svolto alcune indagini in merito ed è arrivata a sanzionare alcuni Istituti di Credito: “l’Autorità ha ritenuto gravemente ingannevoli e omissive le modalità di offerta dei diamanti da investimento da parte di Intermarket Diamond Business – IDB S.p.A. (IDB) e Diamond Private Investment – DPI S.p.A. (DPI), anche attraverso gli istituti di credito con i quali rispettivamente operavano: Unicredit e Banco BPM (per IDB); Intesa Sanpaolo e Banca Monte dei Paschi di Siena (per DPI)” (PS10677 PS10678, comunicato stampa di Agcom del 30.10.17). L’Agcom ha pertanto condannato alcuni Istituti di credito a corrispondere delle sanzioni pecuniarie.
La scorrettezza nelle pratiche commerciali è poi stata confermata dal TAR del Lazio con una recente sentenza del 14.11.2018 nella quale ha ribadito come il Codice del consumo (art. 2 c. 2, lett. c) preveda “il diritto dei consumatori ad essere correttamente informati, stabilendo espressamente che essi hanno diritto ad “un’adeguata informazione e ad una corretta pubblicità” ed ancora, alla lettera e), “alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali””.
Nel mentre una delle società che hanno venduto detti diamanti è stata dichiarata da poco fallita e i risparmiatori che avevano acquistato i diamanti – lasciandoli nei caveaux del venditore – hanno ricevuto una lettera per informarli della procedura fallimentare in corso, invitandoli a rivendicare la restituzione del diamante lasciato in custodia.
Cosa possono ora fare i piccoli risparmiatori? Recuperare il diamante per eseguire un’effettiva e realistica stima del bene e, nel contempo, esibendo il contratto di acquisto contenente il numero di riferimento del diamante e la copia del bonifico di pagamento del bene. Raccolta questa documentazione potrà essere opportunamente avanzata una richiesta di risarcimento del danno nei confronti dell’Istituto di Credito e del venditore al fine di cercare di intavolare una trattativa che possa portare a recuperare la differenza di valore sborsata.
Quasi tutte le Banche hanno incominciato a risarcire i risparmiatori mentre le indagini penali sono, comunque, ancora in corso e le Autorità preposte stanno svolgendo i dovuti controlli ed assumendo le opportune iniziative al fine di venire a capo di una vertenza che sembra, purtroppo, solo all’inizio.